Per un mese formazione di governo uscente e opposizione mirata a subentrargli, entrambe articolate in diversi schieramenti politici alleati, si rivolgono alla massa dei cittadini elettori per bombardarli multimedialmente di messaggi tesi a persuaderli della bontà delle rispettive tesi. Non entrerò ovviamente nel merito programmatico dell'una e dell'altra, ma traccerò solamente un quadro delle modalità con cui ciò avviene stavolta. Derivando l'interesse di ciò dal fatto che il tutto avviene basandosi su una legge elettorale completamente nuova. Perché cosa vuol dire democrazia lo sappiamo praticamente tutti, ma questa è una parola che copre una quantità fattualmente infinita di varianti nella determinazione e costruzione delle strutture configuranti le quali dovranno concretarne l'essenza. Esse cambiano aspetto di Paese in Paese e anche di arco di tempo in arco di tempo.

Le elezioni che avverranno in Italia il mese prossimo suggeriscono di prendere in esame due particolari aspetti mediatici: la televisione e i cartelloni stradali. La prima è in materia il medium principe, con concentrazione serale e quindi casalinga, i secondi fanno da quinta al nostro quotidiano percorrere diurno dei marciapiedi urbani. Sia quella che questi presentano oggi un rispettivo elemento di novità. La propaganda elettorale televisiva è quest'anno normata da un regolamento espresso in sede parlamentare, quella dei cartelloni dipende da una particolarità della nuova legge. Vediamo per entrambe quali sono le novità, che sono entrambe novità anomale.

In TV v'è adesso un regolamento che contraddice la «par condicio», che pure è una legge dello Stato. Ogni partito sarà per proporzionato tempo in video con propri esponenti, e così i leader delle coalizioni di partiti. Ora, le coalizioni sono due, ciascuna col suo leader, ma una ha un solo candidato premier e l'altra ne ha tre, che non sono dunque solo in gara con l'avversario ma anche fra di loro. La coalizione che ne ha uno chiede, secondo logica, avvengano confronti vis-à-vis non solo fra i due leader ma anche fra i quattro candidati a premier, in modo da offrire al pubblico un dibattito frontale fra le quattro distinte, poiché appunto quattro sono, intenzioni programmatiche. L'altra a ciò, per bocca del suo leader, che è il premier uscente, si oppone intendendo rappresentare lui da solo anche i suoi concorrenti interni in un confronto così solo duale; gli altri si presentino in video ciascun per sè. E finirà così che neanche questo confronto a due possa aver luogo, se i due non accettano le condizioni rispettivamente poste sulla regolare da applicare.

La seconda contraddizione alla par condicio legale è quella che la campagna era staro stabilito la concludesse con una conferenza stampa la persona che è contemporaneamente premier uscente e leader del suo partito. Una doppia veste (due conferenze stmpa invece di una come gli altri) che gli dà sull'avversario un vantaggio spiazzante. Perché è vero che il governo ha il pieno diritto di presentare pubblicamente il consuntivo del suo operato quinquennale, ma il momento di ciò era quello dello scioglimento delle Camere, che è già trascorso ed è stato da esso trascurato. In campagna elettorale non c'è più il governo ma il candidato a succedere a se stesso, e ciò va casomai allora fatto in par condicio: o due conferenze stampa finali (una a nome della maggioranza uscente ed una a nome dell'opposizione uscente) o nessuna. Se no si dà a un candidato una marcia in più, mentre dovrebbe stare in video tanto quanto l'altro. Così l'opposizione nega il confronto a due a meno che quegli rinunci al dippiù di quella sua conferenza stampa finale ed accetti così una regola di parità. Ma vedi che questioni...

Passando ai cartelloni stadali. si può già notare come sia fortemente diminuito rispetto al passato il numero delle facce che da essi eravamo abituati a veder mostrare sorrisone o cipiglio. Il motivo è semplice: questa nuova legge elettorale ha abolito il «voto di preferenza», quello in base al quale l'elettore segnava una crocetta accanto al nome del candidato in lista a lui più gradito. Col nuovo sistema, a seconda del numero dei seggi assegnati a ciascuna lista, risultano eletti i candidati secondo l'ordine che appunto hanno in lista. Cinque seggi? I primi cinque. Dieci seggi? I primi dieci. Non sono dunque adesso gli elettori a scegliere i nomi che comporranno il parlamento bensì, a porte chiuse ed a priori, le segreterie dei partiti. Ed ecco perché i singoli candidati non hanno più la preoccupazione di scegliere allo specchio la propria espressione migliore e di spendere poi soldi propri per farsela stampare in non so quanti esemplari. Sui tabelloni campeggiano solo le facce dei capilista, nei manifesti pagati dal loro partito. La gravità di questo «preconfezionamento» della composizione parlamentare sta nella lesione del rapporto comunicativo fra deputato o senatore e chi li elegge, venendo così meno un diretto mandato di rappresentanza, perché è ai partiti e non a collettivi di cittadini che i parlamentari adesso risponderanno. La formula resta sì democratica, ma è mutilata. Rendendo così possibile una evoluzione verso regime. E dimostrando in tal modo quanto possano essere balorde e pericolose le varianti a cui il termine Democrazia resti applicativamente esposto.

Questa rubrica ha però bisogno di un'appendice su altro tema, sempre in materia di «par condicio», dato che io sì che la la concedo. Avevo nel penultimo numero di essa dedicato un certo spazio alla critica al planetario fast food taylorizzato della McDonald, esponendone la negatività e citando fonte dei dati e specificamente un'impressionante inchiesta americana; ma se ne trovano di analoghi anche in una recente tesi di laurea. Ho visto però l'altro giorno su un quotidiano nazionale un'intera pagina di pubblicità della McDonald italiana che dice tutto il contrario di quel che avevo riportato e pare dunque quasi rispondere a me, e io allora (par condicio appunto) sento il dovere di correttezza di riprodurre qui quanto in essa è scritto. Ecco qua.

«"Come sono fatti i vostri hamburger?". Normalmente non si svelano i segreti delle proprie ricette ma per te faremo un'eccezione. Ciò che rende così buoni i nostri hamburger è la qualità del loro ingrediente base: la carne. La nostra è 100% carne bovina italiana, fornita dal principale produttore nazionale, il Gruppo Cremonini. Niente altro. E la cuciniamo alla piastra, senza grassi aggiunti: solo sale e pepe. Per offrirti sempre il giusto equilibrio tra sapore e qualità».

Ok, dovere onestamente adempiuto. Io però resto della mia opinione, dato che una volta ne ho assaggiato sperimentalmente uno. La sua fabbricazione seriale automatizzata nuoce troppo alla sapidità, dubbi a parte sull'accessorio tipo di interventi e sui princìpi aziendali, e dunque una seconda esperienza di fattispecie non la farò certamente mai più.